venerdì 13 giugno 2008

morire di lavoro in edilizia ....

Sandra non conobbe mai quel lavoratore edile che l'8 gennaio del 1991 morì dopo essere caduto da un'impalcatura. La sua persona, i suoi familiari, i suoi amici e quanti lo conobbero, entrarono d'improvviso nella sua vita.... qualcuno lo chiama "destino"... La sua figliola [allora quindicenne] le telefonò solo per informare che il papà di un suo amico era morto tragicamente sul lavoro e che tutto il paese sarebbe andato ai funerali.... ma Sandra non poteva lasciare il lavoro in un'altra città .... era una lavoratrice "a nero" e c'era poco spazio per i sentimenti.
Da allora il destino delle due famiglie si è intrecciato ed oggi Sandra è la felice nonna di 2 nipotini che quel buon lavoratore avrebbe tanto voluto conoscere ...
Ogni giorno Sandra si domanda con quale coraggio e quale energia i figli che hanno assistito alla tragedia continuano a fare i "muratori" come li chiamano nel Sud Italia. Il genero sorride e risponde con la semplicità, l'umiltà e la grande dignità dei figli della Puglia : "il nostro papà ci ha insegnato questo mestiere e sarebbe contento di noi se fosse vivo".
[ogni riferimento a fatti, persone od eventi è puramente casuale n.d.r.]
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A quel tempo non si sapeva neanche cosa fossero "le misure di sicurezza". Allora, come oggi, si lavora all'aperto, sotto l'afoso sole estivo pugliese, la pioggia e la neve che imbianca i Trulli dei paesi vicini. Morire per una caduta da un'impalcatura edile era consideratà una fatalità ..... un'aspetto di questo duro e pesante lavoro alleviato solo dall'amicizia e solidarietà dei colleghi. Nel bene e nel male non vi erano riflettori mediatici sulle "morti bianche". Molto tempo è passato da quel giorno, molte sono state le conquiste dei lavoratori nei settori "a rischio" ma si continua a morire e, purtroppo, le cronache dei giornali se ne occupano quotidianamente. Caschi, cinghie e scarponi sono presenti in molti cantieri edili e non ... in altri , così come ci sono lavoratori edili con regolari contratti ed altri .... meno fortunati .... "fantasmi" del lavoro nero che scompaiono dal cantiere non appena si sparge la voce di qualche controllo. Per questi "fantasmi" il rischio è perdere anche quel magro e sudato guadagno .... come si può colpevolizzarli?

No, non si può morire di lavoro e, purtroppo, vi sono ancora grandi e piccole aziende che traggono profitto dai mancati investimenti nella sicurezza. A questo punto sorge spontanea una domanda: è solo e soltanto un problema di mancati investimenti oppure vi è anche la necessità di una diversa cultura del lavoro? Ad esempio, quante volte vediamo che " i muratori" sono sulle impalcature e tutta l'attrezzatura di sicurezza è appesa ad un gancio nel muro? In quest'ultimo caso potremmo mai definirli "amanti del rischio"? Assolutamento NO! E' una generale mancanza di "cultura delle norme di sicurezza sul lavoro" che NON si apprende solo nei corsi che pure hanno frequentato. Per fare un banalissimo esempio ci si può rifare all'uso delle cinture di sicurezza in auto; dopo quanto tempo di una martellante campagna sulla sicurezza stradale, molti di noi - ancora - NON allacciano le cinture? E' una riflessione, dunque, che deve unire imprenditori e lavoratori in una diversa ottica del lavoro che veda in futuro la necessità della centralità dell'uomo all'interno delle scelte economiche ed imprenditoriali.

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"Il lavoro non può costare la vita"
I sei morti in Sicilia, le cinque vittime di Molfetta.
Il 2008 è iniziato in modo drammatico sul fronte della sicurezza sul lavoro.
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Taranto segnata dallo stillicidio delle morti bianche è stata ieri la capitale della rivolta contro questa catena di sciagure. Una tavola rotonda al mattino, nella biblioteca comunale. Poi, la sera, in piazza Garibaldi, le parole di don Luigi Ciotti, presidente dell´associazione Libera, alla presenza del sindaco Ippazio Stefàno, del presidente della Provincia Gianni Florido e del prefetto, Alfonso Pironti. Così ieri Taranto ha voluto ricordare, e celebrare, i morti sul lavoro. Non a caso il 12 giugno: perché era il 12 giugno di cinque anni fa, quando morivano Paolo Franco e Pasquale D´Ettorre, in un incidente all´Ilva, acciaieria più grande d´Europa e teatro di tante morti bianche. E "12 Giugno" ha scelto di chiamarsi l´associazione che questa iniziativa ha fortemente voluto ed organizzato.Sono 53, tra città e provincia, i soci raggruppatisi sotto questo nome, che hanno scelto l´urlo silenzioso del celebre dipinto di Munch come proprio simbolo.
[...]Don Luigi Ciotti, nel suo intervento, ha sottolineato come "non si possa morire per il lavoro, per la mancata manutenzione di un impianto, perché non si fanno le necessarie verifiche. Ma non si può neppure essere costretti a vivere male per il lavoro, senza garanzie. L´Italia è l´ultimo Paese d´Europa in tema di sicurezza sui posti di lavoro. Non ci sono parole da dire a chi ha perso un figlio in questo modo. Bisogna solo stargli vicino, dimostrargli che si condivide con lui un dolore così grande". A Taranto, don Ciotti è venuto per "ricordare tutti i lavoratori che hanno pagato con la loro vita l´insicurezza sul posto di lavoro".[...]
continua >>> l'articolo di Giovanni Di Meo pubblicato nell'edizione di Bari del quotidiano
La Repubblica
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cheyenne

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